La Fondazione Edmund Mach con i suoi 150 anni di storia e le bollicine metodo classico Trentodoc, produzione che ha recentemente superato i primi 120 anni. La sinergia tra queste due realtà storiche, vanto del Trentino, è il filo conduttore del wine talk che si è svolto oggi nell’ambito del Trentodoc Festival.
A Palazzo Geremia con la moderazione di Luciano Ferraro, direttore scientifico del Festival e vicedirettore del Corriere della Sera, i ricercatori hanno evidenziato i molteplici aspetti da cui dipende la qualità e l’unicità del prodotto Trentodoc e che vedono impegnata la FEM con i suoi ricercatori e tecnologi sul fronte ricerca e sperimentazione.
Riflettori puntati dunque, sulle bollicine espressione di un territorio alpino che il lavoro appassionato dei viticoltori trentini coadiuvati dalla ricerca scientifica ha saputo valorizzare diffondendolo in tutto il mondo.
L’evento si inserisce nell’ambito del ciclo di iniziative programmate dal Comitato organizzatore per le celebrazioni dei 150 anni della FEM che culmineranno nella cerimonia in programma il 28 settembre 2024.
Sono intervenuti il prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano, presidente del Comitato Nazionale dei vini DOC – MASAF e del Comitato organizzatore delle celebrazioni per il 150esimo anniversario della FEM, il dirigente Maurizio Bottura, il dottor Raffaele Guzzon del Centro Trasferimento Tecnologico FEM, il prof. Fulvio Mattivi con i ricercatori Silvia Carlin e Marco Stefanini del Centro Ricerca e Innovazione FEM.
Il professore Attilio Scienza ha parlato di storia e delle radici della spumantistica trentina menzionando la figura di Giulio Ferrari, visionario imprenditore e l’allora Istituto Agrario come strumento strategico per lo sviluppo delle conoscenze tecniche viti enologiche nella produzione degli spumanti, e per supportare i viticoltori nella produzione di spumanti di grande qualità.
I cambiamenti globali a cui oggi assistiamo aggiungono nuove sfide a quelle già esistenti: le uve destinate a base spumante, ad esempio, devono adattarsi a situazioni climatiche molto diversificate rendendo necessaria l’individuazione dei siti di coltivazione ad altitudini più elevate per preservarne l’acidità, la sapidità e i profumi. Lo studio dei suoli permette di gestire con precisione la nutrizione o l’irrigazione di soccorso e ottenere vigneti con un equilibrio vegeto- produttivo ottimale: in questo senso, la viticoltura di precisione -come sottolineato da Maurizio Bottura – può offrire un pregevole contributo.
Fare spumante di qualità implica di saper governare l’attività dei lieviti, ha commentato Raffaele Guzzon, ricordando la lunga tradizione di supporto alle aziende alle aziende trentine che prosegue ancora oggi.
Fulvio Mattivi ha spiegato l’importanza di conoscere le dinamiche con cui il territorio di montagna influenza gli aromi caratteristici dei vini Trentodoc, come recentemente evidenziato da uno studio condotto su 70 vini spumante metodo classico prodotti da 48 cantine su sei annate.
Un’ulteriore sfida è poi quella di rendere sempre più sostenibile la produzione, obiettivo a cui la ricerca risponde attraverso la selezione di nuovi genotipi con carattere di resistenza alle principali malattie o con caratteristiche adatte ad ottenere diversi livelli di aromaticità, ed a garantire l’acidità, come ha evidenziato nel suo intervento Marco Stefanini.
Impossibile non parlare dell’importanza di contrastare l’effetto dei cambiamenti climatici. Silvia Carlin ha presentato gli esperimenti di invecchiamento accelerato sui vini base, che puntano a mettere a sviluppare metodi per valutare già nel vino base il potenziale aromatico per selezionare le partite più idonee a diventare riserva, conferendo eleganza e complessità, e per garantire, anche in futuro, bollicine di assoluta eccellenza.
Il Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con il Corriere della Sera.