Aumentare dell’1% la superficie vitata dell’Italia, sfruttando tutto il potenziale di crescita consentitounnamed dalla nuova normativa europea, così da incrementare il patrimonio viticolo nazionale, la cui superficie è di 640.000 ettari, di ulteriori 6.000 ettari l’anno, distribuiti sotto forma di autorizzazioni per nuovi impianti. È questa una delle richieste avanzate dall’Alleanza delle Cooperative – Settore vitivinicolo, che ha svolto oggi a Reggio Emilia la sua prima Assemblea unitaria.
Il motivo della richiesta, che verrà presto formalizzata al Ministero, è presto detto. “Il vigneto Italia perde circa 7.000 – 8.000 ettari all’anno”, spiega Adriano Orsi, Presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative. “Se vogliamo mantenere un settore vitivinicolo italiano competitivo, dobbiamo cercare di arrestare questo trend negativo ed assicurare alle nostre cantine cooperative una sufficiente quantità di uva da lavorare. Potendo sfruttare, almeno per il primo anno, l’1% di crescita massima, eviteremo di mettere a rischio la redditività delle imprese che sarebbero costrette a fare i conti con un inevitabile aumento dei costi di produzione”.
Sul fronte comunitario non arrivano in tal senso segnali incoraggianti. L’Italia aveva chiesto la possibilità di trasferire i diritti di reimpianto ancora “in portafoglio” fino al 31 dicembre 2020, per evitare la perdita di un potenziale di produzione pari a 50.000 ettari, corrispondenti ai diritti di reimpianto “in portafoglio” non ancora esercitati dai produttori. Una richiesta che l’Europa non è disposta ad accogliere. “Sembra sempre più certo – spiega Ruenza Santandrea, che dal 1 gennaio 2016 i diritti di reimpianto ancora in portafoglio non potranno più essere scambiati, ma solo convertiti in autorizzazioni e solo dal proprietario stesso del diritto”.
In attesa che i regolamenti comunitari ormai chiusi vengano ufficialmente pubblicati, il sistema vitivinicolo italiano dovrà interrogarsi su almeno tre questioni principali:

  • come distribuire i 6.000 ettari di nuovi impianti tra le diverse realtà viticole del Paese,
  • come far sì che il nuovo sistema non penalizzi chi vuole crescere
  • e come assicurare che il meccanismo di assegnazione delle nuove autorizzazioni sia sufficientemente snello e semplice, in modo da non perdere nemmeno uno degli ettari messi a disposizione ogni anno.

Un altro campanello d’allarme riguarda i reimpianti. Con il nuovo sistema, a differenza del precedente, l’autorizzazione al reimpianto potrà essere esercitata solo dal produttore che ha estirpato e non trasferita ad altri produttori. È evidente che si rischia di perdere molti ettari qualora chi estirpa dovesse scegliere di non reimpiantare, un rischio concreto, in particolare per quei territori in cui la maglia poderale è polverizzata e l’età media dei viticoltori elevata.

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L’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari associa 510 cooperative vitivinicole (165.000 soci produttori e 8.000 le persone occupate), che producono il 52% della produzione vitivinicola italiana per un fatturato che supera i 4,1 miliardi di fatturato complessivo. Tra le prime 20 aziende di vino italiane nella classifica pubblicata ogni anno dal Rapporto Mediobanca, ci sono otto società cooperative: Gruppo Cantine Riunite – Gruppo Italiano Vini e Caviro (rispettivamente al primo e al secondo posto), Mezzacorona (5), Cavit (8), Gruppo Cevico (11), Cantina di Soave (12), La Vis (17) e Collis Veneto Wine Group (20).

Di Redazione

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