Manca poco meno di un mese al termine dell’Expo2015, e con esso si 1 (1)spegneranno molti eventi legati. Per fortuna, non tutti si chiuderanno la sera del 31 ottobre, come ad esempio la bellissima mostra Nutrire l’Impero. Storie di alimentazione da Roma a Pompei che sarà visitabile fino al 15 novembre prossimo al Museo dell’Ara Pacis.

L’esposizione è organizzata molto bene. Il punto della mostra sta nel cercare di spiegare come un Impero, come quello romano che aveva raggiunto un’espansione ragguardevole, potesse nutrire i suoi abitanti.

Quali influenze alimentari hanno avuto i domini su altre popolazioni non latine?

I mercati di Traiano ne sono una risposta. « Il primo centro commerciale» lo definiscono Alex Revelli Sorini e Susanna Cutini nel loro libro Tacuinum SPQR. A tavola nella Roma imperiale (Ali&No Editrice). Non solo perché questa costruzione era alta sei piani e aveva oltre 150 negozi, ma perché qui confluivano tutte le merci prodotte nell’Impero (Gallia, Cipro, Africa, Oriente mediterraneo….). Sui banchi si trovava di tutto dal pesce ai fiori, dalla frutta alla verdura.

La mostra sottolinea come il tutto vada a significare che si era in un “regime prenatale” di globalizzazione dei consumi ma allo stesso tempo di delocalizzazione della produzione (pensiamo al grano che proveniva dall’Egitto).

1 (2)La domanda vien da sé, come questi prodotti della terra potevano raggiungere la Capitale dell’Impero?

L’esposizione esplica come il trasporto potesse seguire, come oggi, diverse vie: la strada ma anche la via dell’acqua. Quest’ultima era preferita per motivi economici, ossia era meno costosa.

Questi prodotti, una volta giunti sui banchi del mercato, come erano poi trasformati in cucina? Quali utensili si utilizzavano?

Qui, la mostra credo dia il meglio di sé. Schiere di pentolami di diversa tipologia (padelle, casseruole, paioli…) assieme a suppellettili in ceramica e in vetro, ma anche posateria (forchettoni, coltelli, mestoli) erano strumenti utilizzati dai cuochi (che erano schiavi, i migliori erano contesi dai ricchi dell’Impero).

Una postilla va fatta: la posateria era oggetto d’uso solo per cucinare. I nostri antichi romani mangiavano con le mani, precisamente erano soliti prendere piccolissimi bocconcini con le punta delle dita della mano sinistra (mentre la destra sorreggeva il piatto) e li si portava alla bocca.

Quello che oggi noi chiamiamo “streed food” era, sia per i romani che 3per i pompeiani dell’epoca, un consumo ordinario, grazie alla diffusione di diversi locali, come quelli che noi possiamo definire “bar”. Resti di cibo rivenuto dagli scavi di Ercolano mostrano la qualità dei consumi.

Il vino? Il vino era una prelibatezza molto amata nell’epoca imperiale. Consumato dai ricchi, giammai era bevuto puro era « un atto da barbari» (ibidem), ma si allungava con acqua calda, si aromatizzava: « Il vino meraviglioso speziato […] si mettono 15 libbre di miele […] 2 sestari di vino […] 4 once di pepe tritato, 3 scrupoli di mastice…»  ricorda Apicio nel suo libro L’arte culinaria. Manuale di gastronomia classica (Ed. Bompiani).

Il vino, come i cereali, l’olio e altri prodotti, avevano bisogno non solo di essere trasportati ma anche conservati. Per questo c’erano  apposite anfore di terracotta (molto bella la schiera espositiva nella mostra delle diverse tipologie di anfore).

Qui occorre fare una precisazione. Fu Heinrich Dressel, che alla fine dell’Ottocento, dopo un lungo studio sulle anfore (ponendo attenzione alle forme, alla produzione, al materiale…) fu in grado di collegare: l’archeologia, l’epigrafia e la storia commerciale dell’epoca romana. Se oggi siamo in grado di tracciare i rapporti commerciali dei popoli del Mediterraneo lo dobbiamo a questo studioso.

Una mostra affascinante che ha una duplice chiave di lettura: comprendere quali fossero i consumi in epoca romana e la filosofia del banchetto che convogliano nell’antico piacere del mangiare.

di  A.L.

Di A.L.