Era il 2018 quando Cucina&Vini presentò al pubblico capitolino un nuovo evento dedicato ai prodotti enologici (e non solo) della regione in cui la redazione del magazine ha sede: Lazio Prezioso. Un omaggio e un augurio volto a stimolare l’apprezzamento di un territorio che, purtroppo, è oggi ancor snobbato da molti winelover, complice anche un immaginario legato ad un passato che ha macchiato l’enologia regionale nonostante le cantine laziali stiano lavorando molto anche in termini qualitativi.

Con coraggio, il 26 maggio 2018, Cucina&Vini lancia l’evento e punta, controcorrente, sul cavallo laziale scegliendo come cornice Hotel W. Excelsor in via Vittorio Veneto. Oggi continua la sua opera di valorizzazione dei vini laziali cercando di evidenziare le diversità e le peculiarità dei produttori con grande riscontro del pubblico partecipante. D’allora la location è cambiata, la cornice odierna è quella dello spazio culturale WEGIL a due passi dalla Chiesa di San Francesco a Ripa (all’interno della quale si può ammirare la bellissima statua del Bernini “L’Estasi della Beata Ludovica Albertoni”). Il trend di crescita della manifestazione ha segnato un importante collaborazione con l’Agenzia Regionale dello Sviluppo e dell’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio (ARSIAL).

Il format della kermesse è sempre lo stesso: banchi d’assaggio per far scoprire liberamente al pubblico il patrimonio enologico laziale che, fortunatamente, non è sempre scontato. Al contempo è aumentato il numero delle cantine partecipanti a Lazio Prezioso ed è cambiato anche l’approccio degli ospiti incuriositi più che mai dalle proposte enologiche che Cucina&Vini mette in campo: non solo nomi importanti ma anche nuove e piccole realtà che meritano uno spazio di visibilità.

Questa edizione 2022 di Lazio Prezioso, che si è tenuta lo scorso 6 giugno, ha fatto saltare all’occhio la cospicua presenza delle aziende pontine che sul territorio, negli ultimi anni, si sono moltiplicate. Certo la collocazione delle cantine della provincia di Latina, sia lungo la costa (dove i terreni sono sabbiosi) sia nell’entroterra (completamente diversi dai precedenti basti pensare alle aziende dell’area dei Monti Lepini), risultano due facce della stessa medaglia. La realtà pontina è fortemente attiva e così i suoi prodotti enologici, alcuni particolari e insoliti per il territorio, almeno se ripensiamo a quello che era fino a 10/15 anni fa; un esempio è il crescente interesse per i vini rifermentati in bottiglia (come Enotea de I Pàmpini, Barufa dell’Az. Donne del Vico) e per quelli  ancestrali (come Nynphe dell’Az. Giangirolami).

La vitalità enologica pontina, sostenuta anche dalle nuove aziende, è fortemente incoraggiata, e connessa, alla ristorazione locale che è anch’essa in fermento. I giovani chef e ristoratori hanno puntato sulla cucina, con particolare attenzione ai prodotti gastronomici. Finalmente, molti di loro, hanno incluso nei menù anche i vini locali, cosa francamente impensabile fino a qualche anno fa. Una grande battaglia ottenuta anche da chi ha lungamente sostenuto questa posizione, penso ad alcuni comunicatori ne cito due per tutti- il giornalista e sociologo Roberto Campagna e il professor Giuseppe Nocca.

L’aria è cambiata nel territorio pontino ma anche il resto del Lazio ha cambiato passo. Questa vitalità è sinergica, producente e invoglia a proseguire sulla strada della qualità, che onestamente in alcuni casi purtroppo è ancora lunga da percorrere.

Sono importanti le attività che promuovono il settore come quella dei bravi organizzatori di Cucina&Vini (che si distinguono per gli ormai collaudati eventi come l’estivo BereRosa e il mitico Sparkle) che hanno creato un palcoscenico dedicato all’enologia regionale, un proscenio con sempre più attori protagonisti laziali.

 

 

 

 

 

 

 

 

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