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Consorzio Oltrepò Pavese, l’esperienza di Carlo Veronese

DiAlice Lupi

Lug 27, 2024

Le parole che raccontano le grandi esperienze sgorgano dal cuore. È questo il sunto dell’intervista a Carlo Veronese, professionista esperto che da trent’anni lavora nel mondo della viticoltura e dell’enologia italiana; ha guidato il Consorzio Tutela dei Vini Oltrepò Pavese e prima ancora il Consorzio Tutela Lugana DOC.

 

Buongiorno Carlo, prima di partire mettiamo un punto fermo: è, o è stato, il direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese?

Come già noto a molti è in atto un cambio di direzione al Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese dopo l’insediamento del nuovo Consiglio d’Amministrazione, con la presidenza di Francesca Seralvo, che succede alla gestione di Gilda Fugazza.  Tale rinnovamento ha riguardato anche l’incarico di Direttore che ho avuto l’onore di ricoprire da settembre 2019 a fine giugno scorso.

 

Perché ha deciso di rilasciare quest’intervista?

Innanzitutto per ringraziare i molti giornalisti e addetti ai lavori che frequento da oltre 30 anni, prima come direttore del Consorzio Lugana e poi del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.

 

Com’è stata la sua esperienza di direzione nel Consorzio Oltrepò Pavese?

Sono stati anni complicati, soprattutto all’inizio, ma anche entusiasmanti per i risultati che abbiamo ottenuto: anni di intenso lavoro, di promozione incessante, di nuovi sbocchi all’estero, con l’obiettivo, dapprima di fare ordine in un territorio complesso come quello dell’Oltrepò Pavese, e poi di aprire una via promozionale, non solo in Italia ma anche all’estero, valorizzando l’alta qualità dei vini tutelati da numerose DOC e una DOCG.

 

Oggi l’Oltrepò Pavese, dopo un lungo lavoro, è una realtà molto apprezzata dai consumatori. Cosa crede che abbia contribuito ad aumentare questa percezione?

Sono stati quasi 5 anni di collaborazione per la promozione in Italia e all’estero dei grandi vini del territorio prodotti da grandi e piccole aziende e cooperative. Quando sono arrivato in Oltrepò Pavese non immaginavo dove saremmo riusciti ad arrivare. Qualcuno ha parlato di sfida coraggiosa, in un certo senso è stato così. C’erano così tante cose da sistemare e da attivare, c’era una riorganizzazione da mettere a punto per permettere di tornare nei radar della comunicazione positiva e far emergere i valori di un territorio del vino così variegato e interessante, sempre un po’ bistrattato per tante ragioni. Non ci siamo mai fermati, neanche quando il Covid ci ha messo lo zampino. Non ho fatto il conto di quante persone abbiamo contattato direttamente e indirettamente con tutte le attività, per proporre il racconto degustativo tecnico, e non solo, che emerge da questa terra ricca di vini, da molti vitigni alcuni così storici da essere considerati autoctoni.

 

Curare le relazioni sociali (istituzioni, player, stampa…) per tutti i consorzi è uno dei punti focali per la crescita della propria realtà. Quale rapporto ha costruito con i soggetti esterni?

Con l’esterno il rapporto è sempre stato entusiasmante, senza pregiudizi di sorta, la promozione delle denominazioni del vino dell’Oltrepò Pavese ha fatto subito breccia nel cuore della gente. A volte ho sorriso di fronte ad autentiche espressioni di sorpresa per la qualità e l’identità a più anime di questa terra.  Per quasi cinque anni ho alimentato un rapporto continuo con i principali player del mondo enologico e con la stampa di settore. Ed è stato sempre gratificante anche quando faticoso, perché spesso gli eventi si succedono rapidamente e ti costringono a veri tour de force. Con la costruzione di un rapporto di fiducia con le istituzioni e gli enti, con il lavoro continuativo con gli organismi di controllo, tutela e di “rifornimento” risorse, per procedere con le attività, grazie all’utilizzo continuativo di risorse pubbliche destinate alla promozione delle denominazioni.

 

Il Consorzio Oltrepò Pavese racchiude più anime (molteplici denominazioni, diversi vitigni…). Secondo lei, è possibile tratteggiare un denominatore comune?

Il denominatore comune è il territorio, la sua storia, le sue tradizioni, la bellezza delle colline preappenniniche, dei castelli medioevali, dei borghi di collina, ma non dimentichiamo le sue genti. Le genti dell’Oltrepò Pavese sono veri viticoltori abituati a lavorare in vigneti eroici dalle pendenze incredibili. Quasi tutte le operazioni vengono realizzate con trattori cingolati lenti, molto lenti. Le denominazioni sono figlie di un territorio unico e splendido.

 

L’attività di crescita dei consorzi passa per un lavoro di squadra. È stato così anche per la sua esperienza in Oltrepò Pavese?

Sono stati anni impegnativi ma anche belli, con un affiatamento del team di lavoro che via via ha consentito di fare più di quello che si poteva perché sempre mossi tutti dalla passione e dallo spirito di squadra. Voglio dire grazie al mio staff consortile formato da Luciana Rota alla comunicazione, Gaia Servidio segreteria ed eventi, Davide Sonza amministrazione e contabilità, Alice Colombo tecnico e agente vigilatore. Voglio salutare con affetto i numerosi produttori con cui abbiamo messo in campo un vero lavoro di squadra. E ringrazio in particolare la direzione tecnica di Regione Lombardia per la collaborazione e la condivisione dei risultati di questa importante area vitivinicola lombarda. Con gli auguri di buon lavoro al direttore che verrà.

 

Riorganizzazione, promozione, comunicazione… Dopo un lungo lavoro svolto in Oltrepò Pavese, cosa le resta dell’esperienza vissuta?

La maggior parte della mia esperienza lavorativa l’ho vissuta in Lugana. Una denominazione, un vitigno, 5 tipologie, 5 comuni, nessuna cantina cooperativa nella zona di produzione. Operare in Oltrepò Pavese permette di affrontare dinamiche diverse, 7 denominazioni, tantissimi vitigni, tante tipologie, 50 comuni, 3 cantine cooperative in zona di cui una è la più grande realtà vitivinicola della Lombardia. Dover organizzare la promozione di tante tipologie di vini  prodotti da aziende con dimensione, organizzazione, storia, tradizioni diverse obbliga a definire priorità e scelte su basi condivise con alcuni, ma difficilmente con tutti. Servono doti di ascolto e mediazione che ho affinato in Oltrepò.

 

Qual è il suo auspicio per il futuro dell’Oltrepò Pavese?

Lascio questo bellissimo territorio che ho gestito e riorganizzato rispettando la legislazione di settore, promuovendo tutti i vini delle denominazioni tutelate, con la speranza che il lavoro fatto non sia vano per una terra che è ricchezza di Lombardia, storia vitivinicola e tipica, promessa enoturistica e occasione di sviluppo futuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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