Un tempo l’evento enologico romano si chiamava “SensofWine”, creatura di Luca Maroni, analista sensoriale. Da qualche anno, se non sbaglio dal 2013, la kermesse ha cambiato nome in I migliori vini italiani. Un titolo che è una riconduzione ad un evento di selezione dei vini nostrani che risultano essere – dopo una doviziosa analisi organolettica eseguita dallo stesso dallo stesso Maroni – appunto, i migliori.
Quest’anno la Capitale ha accolto, dall’11 al 14 febbraio scorsi, l’evento che si è svolto presso il Salone delle Fontane, nel quartiere romano Eur. Per i visitatori, che ordinariamente vi affluiscono numerosi, è un bel sospiro di sollievo, perché il suddetto quartiere è munito non solo di ampi spazi ma anche di molteplici parcheggi.
La caratteristica principale della manifestazione è la premiazione di coloro che, nell’anno precedente, si sono particolarmente distinti nella qualità dei propri prodotti enologici. Questa è la vera peculiarità della manifestazione, secondo il mio parere. Non tutte le premiazioni delle guide enologiche, a Roma, suscitano desiderio di partecipazione, da parte dei visitatori, quanto “I migliori vini italiani”. Non tanto per la premiazione in sé, o per il prestigio di essere presenti alla “prima” serata dell’evento di quattro giorni, ma per il carattere poliedrico dell’analista sensoriale Luca
Maroni. Lui ha una voce gentile, garbata, lo sguardo forse timido e allo stesso tempo scaltro, quando sale sul palcoscenico, rigorosamente elegante, e i riflettori si accendono, il silenzio cala in sala, si ode qualcosa di impalpabile che cattura l’attenzione: è la forbita dialettica e la sua gestualità lineare che diventano carisma. La premiazione a quel punto diviene spettacolo. Non sai cosa dirà, quali parole meno consuete e temi spolvererà per l’occasione ma sai che vorrà emozionare i presenti. Anche quest’anno la sua perfomance non si è smentita.
Un elemento da evidenziare all’interno dell’attuale edizione de “I migliori vini italiani” è la presenza massiccia di giovani ragazzi, soprattutto durante le serate di sabato e di domenica, molti dei quali sotto i 35 anni di età. Ho avuto la possibilità di potermi confrontare con numerosi di loro. Tanti di essi erano sprovvisti degli elementi essenziali caratterizzanti la degustazione del vino. Il che denota una duplice chiave di lettura: l’attrazione dei giovani per questo settore e il bisogno, per tanti, di educazione alla bevanda di Bacco.
Volgendo lo sguardo ai prodotti enologici tra i vini in degustazione, alcuni hanno suscitato più interesse da parte dei palati esperti e dei neofiti – a parte il Barolo il cui nome è capace di attrarre a sé fiumane di persone. Uno per tutti è l’Albarone Piemonte Doc Albarossa dell’Azienda Marco Bonfante. Albarone, il cui nome del vino in etichetta, nasce dalla contrazione di due parole: Albarossa (vitigno nato dall’incrocio di Nebbiolo e Barbera) e amarone quale metodo di produzione del vino (ossia ipersemplificando prima che avvenga la vinificazione e le uve sono state appassite).
All’inizio dell’articolo ho menzionato, non a caso, SensofWine. Confesso di avere un po’ di nostalgia di quei tempi, non lontani. Il numero degli espositori sembrava essere più folto, tanto che si svolgeva in una location più grande Palazzo dei Congressi (poco distante dal Salone delle Fontane). Forse era popolato da molti meno giovanissimi, ma coloro che vi partecipavano sembravano più apprezzare la cultura del vino anziché ammortizzare il costo del biglietto di ingresso. Poi, vi era anche un tempo per la premiazione (che avveniva in una sala diversa da quella della manifestazione) e dunque un tempo per la degustazione dei prodotti enologici selezionati.
Giustappunto, confermo un dato che risulta essere sempre il vero “asso vincente” della manifestazione il carisma di quest’uomo, Luca Maroni, che è capace di far confluire circa 7.000 persone in quattro giorni (con una media di 1.750 al dì) in una manifestazione enologica che comprende degustatori che amano più o meno profondamente il vino e la sua cultura.